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Finmeccanica si difende; l’India cerca l’integrità

February 26, 2014 by admin

Finmeccanica in India, un accordo fatto tra due

Una commessa da 560 milioni di euro, balzata agli onori della cronaca dopo che, nel 2013, la procura italiana ha aperto un’’inchiesta giudiziaria per un pagamento illecito di tangenti che sarebbero state versate da Finmeccanica a funzionari indiani. Dopo aver ottenuto l’approvazione a partecipare alla gara d’appalto indiana per la fornitura di 12 elicotteri di lusso AW101 e averla vinta nel febbraio 2010, la società industriale ha iniziato con la consegna dei velivoli (finalizzati al trasporto di autorità locali) già dal dicembre 2012, ben prima dello scandalo che, nel febbraio 2013, ha congelato i pagamenti e bloccato le forniture verso l’italica.

Con la decisione di annullare il contratto con Finmeccanica (ed attendendo il responso dell’arbitro internazionale che si esporrà in merito alla pertinenza dei fatti coinvolti nella vicenda), l’India si è chiamata fuori da giochi, sottolineando come la presunta violazione del ‘Patto precontrattuale  di integrità’ fosse una valida motivazione per recidere immediatamente da ogni tipo di rapporto con la ‘incriminata’.
Febbraio 2010-Febbraio 2013: ci sono voluti tre anni per fa sì che il governo indiano si accorgesse (se effettivamente se n’è accorto) di importanti versamenti extra che sarebbero stati effettuati da Finmeccanica per ‘finanziare’ l’opera di ingegneria e i costi amministrativi realizzati su territorio indiano (almeno ufficialmente). Un fatto certamente condannabile quello delle tangenti, che però, oltre a coinvolgere la società tecnologica, non molto limpida nell’operato, ha visto come controparte un soggetto furbo, lo Stato indiano, il quale dopo aver accettato le condizioni vantaggiose dell’accordo fatto con Finmeccanica, si è poi trovato costretto per questioni di integrità morale a recedere dal contratto.

Finmeccanica, ancor oggi, sostiene l’infondatezza dell’accusa e nega di aver agito in modo fraudolento; l’India, dal canto suo, condanna in modo altisonante la società italiana, mangiandosi probabilmente di nascosto le mani per un affare sfumato.
La vicenda non è ancora conclusa e chiarezza non si sa se sarà mai fatta. La certezza, per ora, è solo una: per siglare un accordo, lecito o no che sia, serve il consenso di due parti.

 

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