UNICREDIT E IL TESORETTO DIMENTICATO
Una guerra in famigli si potrebbe dire quella tra la Regione Sicilia e l’Irfis. Il motivo del dissenso ha dell’incredibile, 83 milioni di euro, cifra particolarmente ragguardevole di per sè figuriamoci in tempo di crisi e per di più in una realtà come quella siciliana caratterizzata da difficoltà economiche ancora maggiori rispetto alla media. Difficoltà che forse si spiegano col fatto che i capitali a disposizione sembrano “volatilizzarsi” e in una terra piagata dalla corruzione e dalla malavita non è stato difficile attribuire questa “distrazione” ai soliti inconvenienti derivanti sìda una cattiva gestione fatta per lo più di sprechi. Sprechi per i quali la Sicilia è diventata presto famosa sia per stipendi di manager pubblici strabilianti, sia per incarichi al limite dell’assurdo. Ha infatti creato un’ondata di indignazione la notizia circolata qualche tempo fa che l’allora presidente della Regione, Raffaele Lombardo beneficiava di 18 stenografi. Oltre a una sfilza di oltre un centinaio di nomine per incarichi pubblici. Ad ogni modo Stavolta il problema nasce, inavvertitamente da Unicredit. Proprio sui conti Unicredit infatti stazionava l’intera somma (come detto ammontante a 83 milioni di euro) rimasta anonimamente inattiva e che è stata acquisita da parte dell’Irfis provocando un esposto alla Corte dei Conti perchè acquisita in modo “unilaterale” quando invece si tratta di somme ascrivibili al bilancio della Regione. Sarebbe divertente chiedersi come sarebbe oggi l’economia dell’isola se la somma stanziata allora fosse stata sfruttata adeguatamente, ma non è possibile nemmeno pensare a quando questo avverrà visto il contenzioso in atto che, nel concreto ha di fatto bloccato lo sfruttamento del capitale il quale morto era prima e morto rimane. Anche adesso che è resuscitato.