L’ORO DALLA GRECIA A ROMA
Se per molti la maschera di Tutankamen è il simbolo per eccellenza dell’arte orafa egiziana, ma anche della magia che l’oro può esercitare sull’essere umano, non meno famosa è quella erroneamente ritenuta di Agamennone, scoperta nella seconda metà del 19esimo secolo dall’archeologo Heinrich Schliemann, a sua volta alla ricerca della mitica città di Troia (anche se poi molte fonti ne attestano la storicità effettiva).
E come spesso accade in queste situazioni, mentre si è alla ricerca di una testimonianza, ci si imbatte in un tesoro non cercato ma altrettanto prezioso: suppellettili varie oltre a vasi, anelli, bracciali e varie maschere funebri tra cui quella che lo stesso Schliemann, convinto di aver scoperto la tomba di Agamennone, attribuì alla figura narrata da Omero. E anche se l’oro poteva aver accecato la capacità di giudizio degli studiosi, successivamente si capì che il tesoro era in realtà una testimonianza bene anteriore rispetto a quanto sperato dallo studioso.
Non solo, ma una quantità così grande di oro non si poteva spiegare in nessun modo dal momento che in Grecia non esistono miniere di questo prezioso metallo. Da qui la teoria che vedeva un fortissimo commercio di oro nella zona del Medio Oriente e dell’Asia in generale. E questa opinione rafforzerebbe in contemporanea anche l’altra che vedrebbe gli Egizi intessere rapporti commerciali con popolazioni del Mar Rosso per lo scambio di oro. Un elemento che per gli abitanti del Nilo non aveva valore economico bensì semplicemente religioso. Anche in Italia non si trovano grandi giacimenti d’oro e questo problema era piuttosto rilevante per un popolo, come quello romano, particolarmente edito alla valorizzazione economica di ogni risorsa.
A differenza dei greci, però i Romani poterono contare sul loro impero. Non solo, ma potevano anche risparmiare e molto, sulla manodopera dal momento che nelle miniere erano utilizzati schiavi e condannati ai lavori forzati. Tutto ciò, però, non riuscì a salvarli da una crisi economica che tagliò l’Impero verso l’ultimo periodo della sua esistenza e che solo in parte fu sanato dall’editto dei prezzi di Diocleziano, anche se poi la stabilità monetaria venne raggiunta con le politiche create da Costantino.